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Immagine del redattoreLa Piazza Val di Cornia

Sanità: uso risorse, bacini elettorali e aggressioni

Il tema della sanità deve essere centrale per ogni collettività attenta al cosiddetto “welfare”, eppure in Italia la sua gestione presenta preoccupanti elementi di schizofrenia. L'aver progressivamente trasformato le USL in aziende ha messo in primo piano i fattori economici a tutto discapito della comunità e dei suoi effettivi bisogni (e questo già di per sé fa a pugni con l'idea di sanità) e ha portato a incrementare a dismisura la parte gestionale e burocratica con uffici, dirigenti e responsabili profumatamente remunerati senza che questo abbia portato ad alcun miglioramento nelle prestazioni erogate all'utenza. È stato affidato alle Regioni il compito di gestire le risorse economiche destinate alla sanità e queste da anni hanno aumentato gli investimenti rivolti alla tecnologia (con il continuo aggiornamento dei mezzo per la diagnostica e la terapia) anche se il budget si è costantemente ridotto a causa dell'inflazione. Peccato che le Regioni ne abbiano approfittato per costituire un comodo sistema clientelare dove solo i tesserati fanno carriera (e come potrebbe essere altrimenti quando la nomina dei direttori delle “aziende” è sottoposta al insindacabile giudizio del presidente della Regione stessa?). I Direttori nominati in questo modo non possono certo prendere decisioni svincolate dai desideri degli apparati di partito, credo che questo sia chiaro a tutti. In questo contesto è ovvio altresì che gli investimenti vengono dirottati sulle aree più popolate, che costituiscono un bacino elettorale interessante per presidenti di Regione e assessori. E non c'è dunque da stupirsi se i medici fanno di tutto per rimanere nelle aree con maggiori disponibilità economiche visto che solo lì potranno prima formarsi adeguatamente, poi far carriera avendo maggiore visibilità e dunque un soddisfacente ritorno economico.

 

Ecco perché “mancano medici”. Signori cari vi diamo una notizia: i medici ci sono, ma sono concentrati nelle grandi cliniche universitarie a tutto discapito degli ospedali periferici, che anche per questo motivo vengono progressivamente smantellati. Questo costringe i malati a faticosi pellegrinaggi verso i centri maggiori, sempre che possano permetterselo: per gli altri spesso non resta che rassegnarsi a rinunciare ad accedere a trattamenti diagnostici o terapeutici degni di questo nome. Alla “carenza di medici” e di personale infermieristico va aggiunta un’informazione non sempre efficace da parte di giornali e televisioni, che di fronte a ogni episodio controverso in ambito sanitario tendono spesso a sposare a prescindere le tesi degli accusatori riducendo tutto quanto a quella “mala sanità” che tanto ci indigna e che fa audience. Questo non vuol dire che non si debba parlare di quanto avviene negli ospedali: ci sono medici o infermieri che possono aver sbagliato, ma prima di giungere a conclusioni sensazionalistiche si dovrebbe tenere sempre presente il principio della presunzione di innocenza, non per difendere a priori una categoria ma per tutelare una sanità pubblica che queste campagne di stampa contribuiscono a sminuire. Non viene in mente a nessuno che questi attacchi servano in realtà a preparare il terreno alla sanità privata e solo per ricchi? O sperate di rientrare in qualcuna delle categorie che potranno beneficiare di cure caritatevoli sulla base di campagne di propaganda da parte del benefattore benestante di turno, che potrà in questo modo decidere chi salvare e chi no?

 

Questa situazione esplosiva ha creato una sorta di cortocircuito in cui chi crede a torto o a ragione di non aver ricevuto un trattamento soddisfacente reagisce come minimo raccontando quanto ha dovuto subire e talvolta si rivolge in modo aggressivo e violento verso il personale sanitario, che spesso paga di persona carenze di cui non è responsabile. Aggredire il primo che ti trovi di fronte, sfasciare un pronto soccorso o un ambulatorio, prendere a pugni un medico o un infermiere o denunciarlo sono solo la via maestra per il progressivo abbandono della Sanità pubblica a favore dei privati. Dobbiamo fare attenzione perché i segnali ci sono tutti e sono ben chiari.

 

Un primo, importante passo sarebbe a nostro avviso quello di togliere alle Regioni la gestione della Sanità, divenuta solo un comodo serbatoio di voti e di collocamento, e affidarla allo Stato che possa valutare con maggiore obiettività i bisogni e le caratteristiche dei territori.


Comitato la Piazza della val di Cornia

Comitato Liberi insieme per la salute

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