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Immagine del redattoreLa Piazza Val di Cornia

Un nuovo piano strutturale per Piombino. Altrimenti restano le vecchie ricette.

Va avanti il progetto di fare di Piombino un polo nazionale per il trattamento dei rifiuti e per quella che viene chiamata genericamente "economia circolare". Per contrastare questo progetto non basta dire no al raddoppio della discarica e al progetto Rimateria: occorre a nostro avviso scrivere un nuovo Piano Strutturale per Piombino e non continuare a seguire quello elaborato dalle precedenti Amministrazioni.

Questo nuovo piano dovrebbe nascere dal basso in modo partecipato, con assemblee di quartiere e cittadine, con il contributo di scuole e Università, di associazioni e organizzazioni culturali che operano sul nostro territorio e dovrebbe prevedere altresì un aperto e continuo confronto con i Comuni limitrofi. Solo in questo modo si potrebbe lavorare a un'idea di sviluppo realmente sostenibile, che non veda più in drammatica contrapposizione lavoro e ambiente ma che sia al contrario capace di valorizzare, esaltare e preservare le ricchezze del nostro territorio.


Se aspettiamo che siano gli appetiti di multinazionali o di imprenditori senza scrupoli a determinare l'utilizzo delle ricchezze del nostro territorio (la capacità di lavoro e la cultura dei nostri giovani, la pianura agricola, il fiume Cornia, le colline, le spiagge, la pineta, il patrimonio archeologico e artistico, il mare, l'acquacoltura, ...), non dobbiamo stupirci se esse saranno svendute in cambio di pochi e precari posti di lavoro, lasciando agli abitanti della Val di Cornia solo un futuro di inquinamento e miseria.


Non un solo passo è stato fatto in questo senso: la vita democratica e la partecipazione dei cittadini alle scelte politiche non solo non viene stimolata da nessuno, ma viene spesso avvertita con fastidio. Oggi tutto ciò è reso ancora più difficile dal Covid e dal distanziamento sociale imposto dalla pandemia, ma senza dubbio molti stanno anche un po' approfittando di questa situazione, consapevoli che da un certo punto di vista i periodi di crisi sono la migliore occasione per fare affari.


Ricordiamo che il Piano Strutturale indica cosa fare e dove, fornendo la base per i Piani Operativi che potranno così sancire cosa si può e cosa non si può fare nelle varie aree del territorio: esso disegna lo sviluppo futuro della nostra zona, per cui dovremmo opporci con forza e determinazione a tutte le iniziative che vanno contro i nostri interessi di cittadini e di lavoratori. Questo non avviene.


Perché nessuno ha preteso, a fronte della recente ipotesi prospettata da Carrai riguardante un rigassificatore a terra, di aprire una approfondita e allargata discussione? Questo impianto era già stato proposto in altri territori che stanno ancora oggi facendo di tutto per bloccarlo: vogliamo almeno esaminarla, questa ipotesi, discuterla? O siamo disposti a farci andare bene tutto?


Perché non troviamo la forza di opporci all'idea di distretto minerario sostenuta dalla Regione, che sta determinando la scomparsa delle colline inesorabilmente mangiate dalle nuove concessioni che continuano ad essere elargite alle cave?


In un territorio che ancora aspetta le bonifiche e spera nella clemenza del vento per non vedersi inondato da fibre di amianto, possibile pensare a nuovi insediamenti produttivi in aree diverse ed esterne al SIN, come nel controverso caso di APEA? Perché si pensa a consumare nuovo territorio quando invece si poteva accelerare la trattativa per la dismissione di territorio inutilizzato e da recuperare?


Condividiamo l'idea che il porto rappresenti uno dei principali punti di forza per l'economia futura del nostro territorio. Purtroppo dobbiamo rilevare che oggi manca di una idea di sviluppo coerente: se da un lato si manda avanti il progetto del porto turistico alla Chiusa, dall'altro anche la PIM (Piombino Industrie Marittime) compie un decisivo passo in avanti. Solo noi cogliamo l'inconciliabile contraddizione che esiste fra un progetto che prevede barche a vela per un turismo di alto livello economico, da sostere con una serie di pregevoli servizi a terra già previsti (supermarket, bar, ristorante, una palazzina con appartamenti affittabili, piste ciclabili, ecc) e un sito di demolizioni navali posto a poche decine di metri, con le inevitabili ricadute in termini di inquinamento dell'aria, delle acque e di deturpazione del paesaggio?


La PIM è a tutti gli effetti parte integrante del progetto di fare di Piombino un polo per il trattamento e lo smaltimento dei rifiuti. Era addirittura circolata voce che nel nostro porto si sarebbe cominciata a smantellare la nave Costa; fortunatamente non è stato possibile perché mancavano ancora i permessi Europei e il bacino di carenaggio, eppure abbiamo visto che a livello locale nessuno ha avuto nulla da eccepire: nessuno ha rilevato la mancanza delle basilari strutture necessarie per rendere ambientalmente compatibile l'attività, men che meno si è parlato della inevitabile ricaduta sugli altri comparti economici o sulle vocazioni che si pretenderebbe di far convivere in quell'area.

Oggi la la PIM ha ottenuto di operare, sino al 2041, su una superficie totale di 120.370 metri quadrati (più di 12 ettari), di cui 17.040 metri quadrati a mare. Inoltre le è stata consegnata un’ulteriore area a terra di 22.615 metri quadrati, oltre agli 80.715 metri quadrati già consegnati negli anni scorsi per la realizzazione di una prima parte degli impianti.

PIM dichiara che realizzerà una piattaforma polifunzionale di demolizione, costruzione e riparazione, con investimenti privati per oltre 16 milioni entro il 2023 e un organico di personale a regime di 80 unità, oltre alle ricadute dell’indotto. Benissimo, dunque è un'azienda che porta lavoro: non per questo però deve impedire lo sviluppo di altre attività, altrimenti non potrà che portare a un saldo negativo per l'occupazione totale.


Il porto di Piombino non può accogliere di tutto, è ovvio che un'attività di questo tipo andrà a grave discapito delle altre e certo non offre un bel biglietto da visita per l'industri ittica, in concreta espansione nelle nostre acque. Non sarà necessario fare un'attenta valutazione per verificare se sia possibile che due impianti così diversi convivano in un'area tanto ristretta, in un territorio come il nostro già dichiarato SIN?


Crediamo che sicuramente è interessante il progetto di costruzione e riparazione navale, ma crediamo anche che si dovrebbe impedire alla PIM di effettuare a Piombino le demolizioni navali: questo settore, oltre a creare grossi problemi ambientali, favorisce l'indotto che intende destinare la nostra zona principalmente al trattamento dei rifiuti. La demolizione non è infatti compatibile con un porto che non vuole essere esclusivamente industriale, che può sviluppare enormemente il traffico di passeggeri e merci che viaggiano sui camion diretti verso la Corsica e la Sardegna (oggi drasticamente sottodimensionato), così come non è compatibile con la diportistica nella chiusa. Il porto di Piombino è piccolo ed è praticamente dentro la città: come si può pensare che destinarlo alle demolizioni navali non abbia ricadute gravissime sulle possibilità di sviluppo del territorio?


Possibile che nessuno abbia i nostri dubbi? La mancanza di una visione d'insieme, l'assenza della consapevolezza che non si può fare in una stessa area tutto e il contrario di tutto, presta il fianco alle pronte azioni di chi fiuta spiragli. Non ci è sfuggito ad esempio come l'entusiasmo con il quale il vice-sindaco di Piombino ha in passato parlato della PIM sia stato richiamato nel comunicato della ditta che pochi giorni fa, attraverso il suo presidente Piero Neri, ha ringraziato: "La firma di oggi rappresenta la conclusione di un percorso che si è rivelato molto impegnativo per tutte le parti coinvolte: la nostra Azienda, la Regione Toscana, l’Autorità di Sistema Portuale, il Comune di Piombino, molti Organismi tecnici. Per la realizzazione di un impianto polivalente come quello di Piombino Industrie Marittime è stato necessario affrontare per la prima volta normative nazionali ed europee di tutela ambientale. Lo abbiamo fatto con convinzione per contribuire, per quanto dipende da noi, a un futuro sostenibile ambientalmente, economicamente e socialmente".


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